Gaiaitaliapuntocom FilmFest: interviste a Laura Salvioli, giurata, e al presidente di Giuria Alessandro Paesano

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di Gaiaitaliapuntocom Film Fest

Abbiamo intervistato due amici e collaboratori della nostra testata nonché giurati del Gaiaitaliapuntocom Film Fest che si è felicemente concluso: il critico cinematografico e teatrale, Alessandro Paesano, presidente di giuria del festival e la blogger di Cinemanostro, Laura Salvioli. Assieme a loro abbiamo tirato le somme di questa prima edizione del festival, riflettendo sui lavori visionati e sul cinema.

Cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto dei corti che hai visionato per Gaiaitaliapuntocom Film Fest?

Alessandro: Mi è piaciuto tutto. I corti erano molto diversi tra di loro, offrendo una panoramica abbastanza ampia su cosa viene prodotto oggi, e, al contempo, contribuivano tutti a individuare alcune colonne portanti della programmazione del festival: un cinema di qualità, attento alle persone, al loro posto nel mondo, alla loro identità e alla loro capacità di trovare un posto in un mondo che non sempre le accoglie. Non darei invece peso ai corti che non mi sono piaciuti perché la visione del cinema di una persona è giocoforza più angusta di quella che può e deve avere un festival.

Laura: Mi ha fatto molto piacere partecipare a questa iniziativa e poter vedere corti che senza questa partecipazione non avrei mai visto. Ho guardato e apprezzato opere del tutto diverse tra loro per genere, budget, gusto. Credo che ogni prodotto artistico vada trattato con rispetto, seppur non tutti siano di alto livello tecnico c’è comunque un lavoro dietro ed un impegno non indifferenti. L’unica cosa che forse mi è dispiaciuta è proprio la stessa che mi è piaciuta: avere corti così diversi ha provocato l’impossibilità di avere dei lavori che fossero ad un pari livello, secondo me.

Hai riscontrato delle differenza tra i corti italiani e quelli stranieri?

Alessandro: I cortometraggi italiani sono meno sviluppati dal versante tecnico. Il che significa, da un lato minore disposizione di capitali, dall’altro delle maestranze improvvisate o meno legate in una rete di professionisti e professioniste lasciando alla fortuna e al caso della singola produzione la possibilità di trovare la persona giusta per il film giusto, a differenza di un sistema produttivo estero più organizzato.
Per lo stesso motivo però i film stranieri sono per lo più riconducibili a idee definite di generi e sottogeneri mentre quelli italiani, anche se magari in maniera ruvida e non sempre ben sviluppata, sanno reinventare linguaggio e stilemi in favore di un cinema d’autore personale e meno allineato agli standard produttivi dell’Industria cinematografica.

Laura: Sì. Ho trovato i corti stranieri meno parlati dei nostri, molto più guidati dalle immagini, spesso influenzati dalla video arte e con uno stile decisamente più asciutto. Anche tra i vari paesi ci sono differenze. Ad esempio, i paesi mediorientali tendono più ad un genere documentaristico e la Francia, invece, presente prodotti più sperimentali, forse perché risente dell’influenza della Nouvelle Vague.

Cosa inseriresti (e potenzieresti) in una prossima ipotetica edizione di Gaiaitaliapuntocom Film Fest (la seconda edizione è già in preparazione, ndr)?

Alessandro: Io credo che il Festival debba imporsi nel panorama dei Festival italiani prima di cominciare a cambiarne già la fisionomia.

Laura: L’unica cosa che proporrei è di vedere i corti insieme agli altri giurati per poterne discutere a caldo e dal vivo. Fare tutto da remoto per quanto comodo toglie il piacere dell’esperienza collettiva ed anche di conoscere persone interessanti e con visioni diverse dalla propria. Comunque, per essere una prima edizione è stata organizzata bene ed il livello era veramente alto, almeno a mio parere.

Quale dovrebbe essere il ruolo dei festival cinematografici in questo periodo di crisi per il cinema?

Alessandro: I festival hanno l’importante ruolo di fare incontrare pubblico e opere cinematografiche che non sono facilitate nella loro visibilità dai canali distributivi contemporanei, sala, piattaforme di streaming, home video, canali televisivi. Ogni festival dovrebbe costituire un serbatoio di titoli, film, racconti, opere, con cui alimentare una promozione culturale che deve farsi sempre più vasta e differenziata.

Laura: Io credo e spero che ormai la crisi del settore sia rientrata. Sicuramente il cinema è cambiato e cambierà ancora vista la comparsa di tutte queste piattaforme on demand che disincentiva ad andare fisicamente al cinema. Faccio parte dello “zoccolo duro” delle persone che ama andare in sala e appena ho potuto ci sono tornata di corsa. Sappiamo tutti che la distribuzione è cambiata ma questo non deve e non può affossare la sala cinematografica; i festival servono sempre ed ancora di più in un periodo così particolare, sono una vetrina ed un luogo di confronto e di crescita per tutti.

Un’opera di quelle che hai visto che ti ha colpito particolarmente? Ci spiegheresti cosa ti ha dato da spettatore?

Alessandro: Sacre Coeur di Hicham Harrag, Samir Harrag e Al Huynh mi ha commosso. Mi ha emozionato per la sua capacità di raccontare due storie d’amore in una Parigi riconoscibile eppure diversa da quella che siamo abituati a vedere. Però sono di parte perché Parigi è la mia città ideale. Ci sono stati comunque anche altri film che mi hanno fatto battere il cuore…

Laura: Mi hanno colpito varie opere. Ad esempio “Dreaming Shine” mi ha emozionata molto. “U figghiu” l’ho trovata forte come un pugno in faccia. Ho apprezzato anche “Tra la la bang bang” che è una specie di parco divertimenti per chi ama il cinema. Tuttavia, quello che mi ha colpito a livello personale è “Lia” sarà stata la tematica e l’ambientazione a Roma che è la mia città o forse la rappresentazione fedele di un ambiente adolescenziale con i campi scuola ed i primi amori che tutti rimpiangiamo. Il tema della figura della donna nella nostra società cattolica ed il giudizio costante cui è sottoposta sia da parte degli uomini che delle donne è un tema che mi è molto caro. Il sesso come tabù solo e soltanto per le donne che dovrebbero viverlo come un dovere perché se lo apprezzano sono delle “poco di buono” è duro a morire. Fa rabbia che invece l’uomo come un animale guidato dall’istinto possa sfogarsi quando vuole lui, l’assurdità di tutto questo e che se poi una donna si concede con troppa facilità, nonostante lui la voglia, non è degna ed è una ragazza facile. Chiudo dicendo che è stata una bellissima esperienza da rifare assolutamente e ringrazio Giuseppe Sciarra, Ennio Trinelli e Andrea Natale per avermi fatto partecipare.

(8 ottobre 2022)

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